Houston, abbiamo un problema
La tematica del femminicidio, riportata in prima pagina dagli eventi, porta con sé molte domande e poche risposte. Il discorso di Gino Cecchettin al funerale della figlia pone alcuni di questi tanti interrogativi: come è potuto accadere? Cosa può fare ciascuno di noi e cosa lo Stato? Come cambiano veramente le cose?
Oceani idee generative per una scuola che vuole ricominciare a nuotare in alto mare
Abbiamo un problema
Abbiamo un problema, anzitutto da riconoscere. La resistenza a farlo è emersa in modo particolare nella vicenda di Giulia Cecchettin: i ruoli di genere sono così pervasivi e sedimentati nella nostra cultura che la maggioranza della popolazione maschile, e femminile, non ne ha coscienza. La cultura occidentale è intrisa della predominanza del genere maschile. Penso al canone dei pensatori, dei poeti, degli artisti, degli scienziati; alla trasmissione patrilineare del cognome; al ritardo con cui alcuni diritti sono stati riconosciuti alle donne… Ecco, tutte le volte che una donna, in questo frangente Elena Cecchettin, sceglie di non stare zitta, di dire la propria, denunciando tale predominanza, immediatamente si alzano i ponti levatoi dei distinguo, della minimizzazione, della negazione. Leggiamo le parole del padre:
Chiamarsi fuori, cercare giustificazioni, difendere il patriarcato quando qualcuno ha la forza e la disperazione per chiamarlo col suo nome, trasformare le vittime in bersagli solo perché dicono qualcosa con cui magari non siamo d’accordo, non aiuta ad abbattere le barriere.
La prima cosa da fare, quindi, è prendere consapevolezza. La scuola in questo, più che in ore facoltative estemporanee, può fare molto: facendo studiare la storia dell'emancipazione femminile, introducendo figure femminili nel canone culturale, riflettendo sul linguaggio…
Ma andiamo un po’ più a fondo:
Ci sono tante responsabilità, ma quella educativa ci coinvolge tutti: famiglie, scuola, società civile, mondo dell’informazione. (...) A chi è genitore come me, parlo con il cuore: insegniamo ai nostri figli il valore del sacrificio e dell’impegno e aiutiamoli anche ad accettare le sconfitte. Creiamo nelle nostre famiglie quel clima che favorisce un dialogo sereno perché diventi possibile educare i nostri figli al rispetto della sacralità di ogni persona, ad una sessualità libera da ogni possesso e all’amore vero che cerca solo il bene dell’altro.
In queste ulteriori parole del padre c’è una risposta alla prima domanda: com’è potuto accadere? È potuto accadere l’ennesimo femminicidio perché non abbiamo imparato il “rispetto per la sacralità di ogni persona” e “l’amore vero che cerca solo il bene dell’altro”. Ogni essere umano porta in sé una fragilità inesorabile. Certo, ma qui parliamo di un caso particolare di delitto: quello perpetrato da uomini delusi ai danni di una donna all’interno di una relazione affettiva non sana. Azzardo una spiegazione: la cultura secolare in cui siamo immersi da tempi immemorabili evidentemente sopravvive in un senso di possesso del maschile sul femminile, del forte sul debole, che sfocia in diverse forme di violenza, fino a quella estrema.
La seconda cosa, allora, è prenderci tutti una responsabilità educativa: l’educazione è una delle spinte più forti a un vero cambiamento. Ma non basta neanche questo. Il cambiamento avviene per contagio: per effetto di persone che ne contagiano altre fino a raggiungere un sentire comune che, nel tempo, ha originato intere civiltà e svolte epocali. E avvengono anche per l’accadere di fatti che ci modificano:
Ma in questo momento di dolore e tristezza, dobbiamo trovare la forza di reagire, di trasformare questa tragedia in una spinta per il cambiamento. La vita di Giulia, la mia Giulia, ci è stata sottratta in modo crudele, ma la sua morte, può anzi deve essere il punto di svolta per porre fine alla terribile piaga della violenza sulle donne.
I fatti accadono continuamente, gli incontri pure. Cogliamo i segnali perché germoglino in un sentire più umano:
Dove c’è il deserto può nascere qualcosa? Posso attraversare anni di deserto e poi ritrovarmi un giorno rigogliosa e piena di foglie? Credo che dipenda dall’incontro con qualcuno. Credo che anche il deserto possa fiorire. (Annalena Benini)
Isolotti libri come terre emerse dove riposare, interessanti per chi insegna, per chi desidera approfondire educazione, didattica, inclusione, apprendimenti
Com’è l’acqua? Riconoscere ogni giorno il mare invisibile del patriarcato di Anna Maria Gioia
Due pesci che nuotano incontrano un pesce anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice: “Salve, ragazzi. Com’è l’acqua?”. I due pesci giovani nuotano un altro po’, poi uno guarda l’altro e fa “Che cavolo è l’acqua?”. (David Foster Wallace). Inizia così il libro di Anna Maria Gioia, docente di secondaria di II grado e attivista. Il mare del patriarcato, invisibile in quanto normale come acqua in cui nuotiamo, va riconosciuto.
La prima parte del libro consta di un Percorso 0, che dà i fondamentali della questione: gli stereotipi, il linguaggio, il sessismo nei libri di testo, nella pubblicità e nell’industria dei giocattoli. Tale percorso, corredato da materiali di approfondimento e una nutrita bibliografia, può essere utile agli insegnanti di ogni ordine e grado. La seconda parte procede con percorsi tematici dedicati alle giornate: il 25 novembre (contro il femminicidio), il 6 gennaio (la Befana), 14 febbraio (San Valentino), 8 marzo (Giornata internazionale della donna), seconda domenica di maggio (Festa della mamma), 17 maggio (contro l’omotransfobia). Per ogni tema sono proposte molte attività su specifici approfondimenti (i miti dell’amore, la caccia alle streghe, i diritti, la mascolinità tossica, il lavoro femminile…). Anche queste attività possono essere adattate a età diverse.
Correnti lungo le quali anche i genitori potranno ricaricarsi, seguendo il flusso
Un modo semplice per dire ai figli ciò di cui stiamo trattando.
Scandagli citazioni alla ricerca di ispirazione
Le nostre scuole e i nostri collegi, istituzioni del patriarcato, di solito ci insegnano ad ascoltare le persone che hanno il potere, uomini e donne che parlano la lingua padre; e ci dicono quindi di non ascoltare la lingua madre, le persone prive di potere, gli uomini poveri, le donne, i bambini. Ursula K. Le Guin
Onde strategie, attività, progetti per movimentare la didattica
Parliamo di cosa può fare la scuola. Partiamo dai manuali scolastici e sottoponiamoli a un ideale luminol che faccia emergere le tracce di sessismo. In Educazione sessista. Stereotipi di genere nei libri delle elementari, Irene Biemmi constata come nei testi scolastici siano numerosi gli stereotipi di genere, innanzitutto a un livello quantitativo: sia nei testi che nelle illustrazioni si ha una netta prevalenza numerica della presenza maschile su quella femminile. A un livello qualitativo le differenti attività riservate a bambine e bambini presentano sempre bambini attivi e bambine passive: i maschi vengono presentati in ruoli appassionanti e avventurosi, sono impegnati nelle più svariate attività di movimento e mostrano una maggiore indipendenza, mentre le bambine sono invece ritratte come passive, sedentarie e vengono rappresentate più frequentemente dei maschi dentro le mura domestiche. Le (poche) donne adulte presenti nelle storie vengono quasi sempre indicate come madri o mogli; in rarissimi casi si parla di donne che lavorano e, quando accade, vengono attribuite loro le tipiche professioni di maestra, commessa, infermiera. Per approfondire consiglio di leggere la rassegna della letteratura pubblicata in Italia sull’argomento.
Mi soffermo sui libri di testo, ma da un punto di vista strettamente linguistico. Che ne dite se proviamo a proporre un’analisi dei libri in uso a scuola, rendendo consapevoli alunne e alunni dei meccanismi linguistici di marginalizzazione della componente femminile?
È nota la questione del maschile neutro per indicare sia maschi che femmine (dal semplice “buongiorno a tutti”, detto in una classe con maschi e femmine), ma vorrei andare un po’ oltre. Alma Sabatini nota, infatti, che il maschile neutro può avere un duplice effetto: occultare la presenza delle donne e occultarne l’assenza. L’autrice porta come esempi del primo caso (occultamento della presenza femminile) i termini usati per indicare le prime specie umane: l’espressione l’Uomo di Neanderthal, ad esempio, non dà conto del fatto che il più delle volte i resti di ossa ritrovati non permettevano l’identificazione del sesso e che proprio nel caso del primo Uomo di Neanderthal pare si trattasse di un essere di sesso femminile. Casi come la Donna di Cro-Magnon sono molto rari. Anche i disegni che accompagnano questi temi rappresentano figure in linea evoluzionistica, con fattezze sempre più umane, ma inequivocabilmente maschili.
In questo caso il maschile neutro occulta la presenza delle donne, ma dicevamo che in altre circostanze può produrre l’effetto opposto. Quando, in un testo scolastico, si parla della democrazia ateniese sottolineando che “gli ateniesi” avevano diritto di voto, viene di fatto nascosta la realtà che questa possibilità era negata a circa metà della popolazione, le donne. Così come non si evince l’assenza delle donne nella denominazione di “suffragio universale”, riferita al periodo giolittiano.
Anche la scelta di termini come fratellanza o paternità con valore non marcato (la fratellanza dei popoli, la paternità di questo lavoro è da attribuire a Maria) porta con sé una marginalizzazione delle donne. Rientrano in questa pratica linguistica anche: la concordanza al maschile di aggettivi, participi passati, ecc. con serie di nomi femminili e maschili, la precedenza del maschile nelle coppie oppositive uomo/donna; la designazione delle donne come categoria a parte, quando se ne vuole esplicitare la presenza in gruppi misti (per esempio: vecchi, pensionati, disoccupati e donne).
Fonti:
Sabatini A., Raccomandazioni per un uso non sessista delle lingua italiana (1986)
Sabatini A., Il sessismo nella lingua italiana (1987)
Immersioni proposte e segnalazioni di iniziative e cose utili
Sull’educazione emotiva: gli studi confermano che esiste una triangolazione perfetta tra i processi di apprendimento, il mondo emozionale e il successo scolastico. Qui un interessante approfondimento, con bibliografia.
Perché il bullismo è diverso dal litigio? Parte da qui l’articolo Bullismo, una guida per gli insegnanti.
Deviazioni digressioni, sconfinamenti, frivolezze; perché abbiamo bisogno di uscire fuori dai margini delle mappe, magari perdendoci, per poi ritrovare la rotta
Visto che siamo a dicembre suggerisco qualche idea-regalo:
-il manifesto con l’Iceberg delle scrittrici italiane del ‘900 redatto da Mis(s)conosciute. Consiglio anche di iscriversi alla newsletter curata dalle autrici.
-un collage o un gioiello di “parole prese in prestito” dalla ritaglia-storie Valeria Uner, che potete trovare sul suo profilo Instagram.